Abstract:
Nel seguente articolo sono riportati alcuni metodi preventivi utilizzati in contesti educativi ai fini di fornire un programma adeguato che possa contrastare l’uso di sostanze psicoattive in adolescenza.
Sono stati descritti programmi che hanno come assunto teorico di riferimento le “Life Skills” e programmi messi in atto per potenziare l’Intelligenza Emotiva (IE) definiti “Social Emotional Learning” (SEL).
L’articolo, partendo da esperienze fatte presso la nostra associazione Metaintelligenze Onlus, propone programmi costruiti ad hoc utili allo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva e all’incremento delle conoscenze legate al consumo di sostanze stupefacenti.
Sono diverse le cause che generano il fenomeno dell’alcolismo o dell’utilizzo delle sostanze psicoattive in adolescenza. Al di là dei disturbi psicologici come depressione, nevrosi (isterica, fobica, ossessiva), disturbi della personalità, ecc., bisogna sottolineare come i fattori socio-ambientali giochino un ruolo fondamentale in ogni soggetto che fa uso o abuso di tali sostanze. Famiglia, ambiente scolastico, gruppi informali, sono per ogni adolescente correlati alle proprie scelte e stili di vita, ne vengono influenzati ed a loro volta li influenzano.
L’uso di droghe e di alcol, oggi, è molto diffuso tra i giovani, i quali spesso sono propensi a sperimentare nuove forme di “evasione” dal mondo reale. Oggi sappiamo bene come le cause che spingono un adolescente a fare uso di sostanze possono essere molteplici, e tra queste credo che quelle che più ricorrenti, in un contesto socio-culturale come il nostro, siano la curiosità, la pressione degli amici, ma soprattutto il dover far fronte a crisi emotive tipiche dell’adolescenza senza essere emotivamente preparati.
È chiaro che non tutti gli adolescenti ricorrono alle sostanze psicoattive, anche se alcuni di loro sono più a rischio rispetto ad altri e le condizioni di disagio degli adolescenti che si manifesta nel nostro tempo generano delle nuove dinamiche relazionali o fattori socio-culturali che con il passare degli anni si sono modificate. Se si considerano le osservazioni dei sociologi e degli psicologi evoluzionisti, i repentini cambiamenti che si sono prodotti nella realtà sociale includono elementi non sempre facili da identificare. Tra questi appaiono più evidenti l’instabilità della famiglia, la riduzione degli spazi per relazioni interpersonali non strumentali, l’esposizione a un clima di disattenzione e in qualche caso di violenza in cui i bambini si trovano a crescere, la crisi delle ideologie politiche e delle fedi religiose con un impoverimento della percezione del futuro. Proprio in relazione a queste nuove problematiche sociali e ambientali, non bisogna soltanto interessarsi alle forme di disagio riconducibili a evidenti psicopatologie, ma soprattutto bisogna porre attenzione alle situazioni di confine, spesso subcliniche e non facilmente diagnosticabili.
Una diffusa condizione diagnosticabile già nel bambino tra i tre e i sei anni, che può accompagnare tutta l’età evolutiva, persistendo sino alla prima giovinezza, è quella caratterizzata da un deficit della percezione delle gratificazioni ,o meglio, l’incapacità a prolungare il senso di appagamento dovuto alla gratificazione: è la stessa condizione temperamentale che conduce un certo tipo di preadolescenti e adolescenti a ricercare un forte impatto emozionale al di fuori delle esperienze quotidiane. A tal proposito si può sottolineare che alcuni soggetti, più di altri, senza alti livelli di stimolazione tendono ad annoiarsi facilmente e quindi sono spinti a ricercare emozioni e sensazioni “forti” nella loro quotidianità. Tutto ciò viene definito “sensation seeaking” (Zuckerman, 2007), ovvero tendenza a perseguire il piacere e l’eccitazione sensoriale attraverso comportamenti perlopiù dannosi. Alcuni adolescenti possono essere più inclini di altri a impegnarsi in comportamenti a rischio, come abuso di alcool o di sostanze stupefacenti. Un ruolo cruciale è svolto da quelle caratteristiche individuali come il temperamento o l’autostima.
Il temperamento è quella caratteristica personale ed innata strettamente legata allo stile emotivo di ognuno di noi. Questo dispone l’individuo verso un particolare stile di sentimenti e reazioni fondamentali per la costruzione di relazioni interpersonali ed interindividuali durante il ciclo di vita, proprio per questo possiamo sottolineare che nonostante sia una caratteristica innata, attraverso le esperienze si può imparare a modificare un po’ il temperamento (Kagan e Fox, 2006). L’autostima fa’ invece riferimento alla dimensione valutativa globale del sé, ovvero quanto si ritiene di valere. Dal livello di autostima dipendono molto l’autoaccettazione, il successo scolastico o lavorativo e in generale il benessere personale dell’individuo.
In adolescenza la stima che il soggetto ha di se stesso può divenire una fonte di vulnerabilità: un’autostima negativa sembra configurarsi come fattore di rischio per i problemi comportamentali e di adattamento sociale. Non riuscire ad integrarsi in modo positivo alla società, soprattutto in questo periodo di vita, fa si che possano sorgere nel ragazzo tendenze autolesioniste o isolamento volontario che può portare all’uso o, nel peggiore delle ipotesi, all’abuso di sostanze stupefacenti. Recentemente l’attenzione si focalizza anche su un altro elemento di disagio ovvero l’incapacità, da parte degli adolescenti, a comunicare le proprie emozioni.
L’emozione è un concetto complesso che può essere considerato a diversi livelli di analisi: dalle risposte fisiologiche (sudorazione, rossore), alle componenti della comunicazione non verbale (espressioni del volto, posture), fino agli aspetti vissuti intimamente dalla persona. La principale funzione delle emozioni è rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente. La comprensione e la conoscenza delle emozioni divengono, nel corso dello sviluppo, risorse individuali correlate al comportamento sociale e all’adattamento. Al contrario, l’incapacità di interpretare le emozioni potrebbe impedire lo sviluppo delle competenze socio-emozionali che fungono da mediatrici per l’acquisizione, all’interno dell’interazione sociale, di abilità utili a prevenire comportamenti dannosi per la propria salute e di capacità necessarie per portare a termine i propri compiti di sviluppo.
Per fornire una sintesi panoramica degli aspetti teorici/pratici a cui è doveroso fare riferimento quando si progetta un intervento di prevenzione nel campo della dipendenza bisogna innanzitutto fornire un quadro generale dei diversi approcci che negli anni si sono sviluppati. Ritengo importante evidenziare le caratteristiche specifiche di alcuni modelli che hanno consentito la progettazione e la valutazione di interventi preventivi mirati ed efficaci. Rientrano a far parte di questi quelli che si basano sulle “competenze di vita”, ovvero le “Life Skills”.
Il modello delle “Life Skills” riconosce che l’assunzione di sostanze da parte dell’adolescente è una conseguenza di un mancato apprendimento di abilità di vita. In quest’ottica, la promozione di questo tipo di abilità viene definita un importante obiettivo della prevenzione. Nello specifico, particolare attenzione è stata rivolta al concetto di “abilità sociali” che possono permettere all’individuo di far fronte alle pressioni verso il consumo che provengono da agenti sociali circostanti. È in questo senso che gli interventi preventivi mirano a produrre cambiamenti a livello comportamentale, sviluppando delle strategie di coping adeguate che permettono di affrontare le influenze sociali e di mettere in atto comportamenti salutari. Botvin (1998) ha applicato in modo operativo questo modello nel programma chiamato “Life Skill Training” il quale mira a stimolare la crescita personale e le abilità sociali, focalizzandosi principalmente sullo sviluppo di competenze che permettono di fronteggiare le influenze sociali verso il consumo di alcol, fumo e altre droghe. Tale intervento è stato ideato per essere applicato in ambito scolastico in quanto coerente con le politiche scolastiche che mirano a incrementare negli studenti questo tipo di alle informazioni abilità. Questo approccio riserva uno specifico spazio alle informazioni/nozioni da fornire ai ragazzi riguardo il consumo di sostanze psicoattive. L’idea è quella di focalizzare l’attenzione sulle conseguenze negative a breve termine in quanto in età adolescenziale, quelle a lungo termine non sono prese in eguale considerazione. Particolare attenzione viene data alla divulgazione di informazioni circa la diffusione del consumo, al fine di smantellare percezioni sbagliate circa relative alla stessa, come la sovrastima del consumo delle sostanze illegali.
Alcuni psicologi sottolineano che le “Life Skills” posso essere considerate come la capacità di saper condurre relazioni interpersonali e assumere responsabilità legate al proprio ruolo sociale, fare scelte e risolvere conflitti senza ricorrere a comportamenti che danneggino la propria o l’altrui persona (Elias, 1991). Le “Life Skills” sono sia capacità necessarie all’individuo per operare efficacemente nella società in modo attivo e costruttivo, sia abilità personali e sociali richieste ai soggetti per rapportarsi con fiducia e in modo competente con se stessi, con i coetanei e con la comunità in genere.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (W.H.O., 1993), dopo aver individuato dei programmi di educazione alle “Life Skills”, ha indicato le abilità psicosociali considerate centrali per la promozione della salute e del benessere dei bambini e degli adolescenti quali: la presa di decisione, il problem solving; il pensiero critico, il pensiero creativo, la comunicazione efficace, le relazioni interpersonali, l’autoconsapevolezza, l’empatia, la gestione delle emozioni e la gestione dello stress.
La scelta di promuovere l’approccio “Life Skills” in ambito scolastico nasce dalla consapevolezza che queste abilità dovrebbero far parte del repertorio di competenze psicosociali di ogni adolescente, in quanto queste sono utili per affrontare le difficoltà legate al cambiamento tipiche dell’età. L’educazione alle “Life Skills” mira ad accrescere e incoraggiare l’autonomia e l’assunzione di responsabilità dei ragazzi rafforzando le capacità individuali e si basa su tre principi fondamentali, ovvero la promozione del benessere psicologico e la competenza dei giovani nel far fronte alle le varie difficoltà della vita; la metodologia che si focalizza sul soggetto; la promozione di capacità di assunzione di responsabilità nelle proprie azioni.
Oggi gli esempi più noti di programmi che fanno riferimento a questo approccio, identificati come efficaci, sono quelli adottati degli Stati Uniti, ovvero “All Stars”, “Lifeskills Training” e “Keep a Clear Mind”, e quelli messi in pratica nelle scuole spagnole come il “Construyendo Salud” e il “Tù Decides”.
Il progetto “All Stars” è rivolto a studenti di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. L’obiettivo proposto è prevenire comportamenti a rischio che includono l’uso di sostanze, la violenza e l’ attività sessuale precoce, sviluppando le caratteristiche personali positive. mira a rafforzare cinque punti fondamentali quali: lo sviluppo dei ideali positivi ed aspirazioni future, l’istaurarsi di norme di riferimento positive, la costruzione di un forte impegno personale, la costruzione di forti legami personali con la scuola e con le organizzazioni inserite all’ interno della comunità e promozione di un interesse positivo e adeguato da parte dei genitori.
Il “Lifeskills Training” invece si rivolge a ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 14 anni. Obiettivo del progetto è influenzare i fattori psicologici e sociali che sostengono l’iniziazione alle sostanze e il loro consumo precoce. Il “Lifeskills Trainig” focalizza la sua attenzione su tre importanti fattori che possono andare ad influenzare la scelta di consumare o meno sostanze. Il primo fattore riguarda la conoscenza delle sostanze che permette ai ragazzi di riconoscere le false credenze inerenti il consumo e di gestire la pressione dei pari. Questo gli permetterà di attuare una scelta autonoma e consapevole basata su un adeguata raccolta di informazioni reali. Il secondo fattore riguarda il comprende fondamentali abilità personali come lo sviluppo di un immagine positiva di sé, le abilità decisionali e il problem-solving. L’ultimo fattore focalizza la sua attenzione sulla necessità di promuovere lo sviluppo delle abilità sociali le quali rendono possibile la comunicazione che permetterà una gestione assertiva e non passiva delle situazioni relazionali.
Il “Keep a Clear Mind” è un progetto di prevenzione all’uso di sostanze per preadolescenti di età compresa tra gli 8 e i 12 anni e per i loro genitori. Obiettivo del “Keep a Clear Mind” è sviluppare nei ragazzi delle specifiche abilità personali che li possono aiutare a rifiutare ed evitare il consumo di sostanze. È un progetto di prevenzione che prevede lo svolgimento di attività nel contesto familiare, e quindi un coinvolgimento attivo sia dei genitori che del giovane. Comprende quattro lezioni principali che affronta argomenti quali tabacco, alcool, marijuana e sul “dire no” alle droghe, e cinque newsletters per i genitori, ed ogni lezione viene conclusa dai ragazzi.
Come precedentemente accennato, oltre agli Stati Uniti, anche la Spagna ha messo in pratica dei programmi di prevenzione basati sulle “Life Skills”. Il progetto “Construyendo Salud” si rivolge a studenti di età compresa tra i 12 e i 14 anni. L’obiettivo è fornire agli adolescenti abilità sociali e personali utili ad affrontare le influenze sociali che incoraggiano a consumare sostanze, in particolar modo a fronteggiare la pressione dei pari. Gli obiettivi del programma sono riuscire ad evitare l’uso di droghe e lo sviluppo di comportamenti antisociali tra gli adolescenti; promuovere le abilità psicosociali come il controllo emotivo, le abilità decisionali, le abilità sociali e riduzione della suscettibilità alla persuasione; cambiare comportamenti intermedi attraverso l’informazione sulle droghe e gli atteggiamenti adottati verso queste.
Infine, il “Tù Decides” si rivolge a studenti di età compresa tra i 13 e 16 anni. L obiettivo è quello di incrementare le abilità decisionali degli studenti, partendo dall’idea che la decisione di usare una sostanza dipende dalla capacità di un soggetto di fare una scelta responsabile. Il programma quindi mira a rendere abili gli adolescenti nel prendere decisioni riguardo all’uso di sostanze e ad altri problemi tipici di questa fascia d età.
I programmi sopracitati, che utilizzano le “Life Skills” come linee guida, a mio parere presentano come limite principale quello di dare poco spazio al paradigma delle emozioni lasciando fuori un fondamentale aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni (Salovey, Mayer, 1999).
Partiamo dal presupposto che la scuola, in quanto agenzia educativa, è il luogo privilegiato per la trasmissione e l’acquisizione di competenze psicologiche e sociali indispensabili e quindi che ogni contesto scolastico dovrebbe adottare programmi didattici che affrontano il tema delle emozioni.
Alcune società questo lo hanno ben capito e hanno focalizzato la loro attenzione alla strutturazione di programmi utili a potenziare l’Intelligenza Emotiva (IE) definiti “Social Emotional Learning” (SEL). Questi si riferiscono ai processi attraverso i quali bambini, adolescenti e adulti acquisiscono la conoscenza, i comportamenti e gli atteggiamenti per lo sviluppo di competenze sociali ed emotive; ad esempio riconoscere e utilizzare le emozioni, stabilire e mantenere relazioni positive, prendere decisioni responsabili, fissare e raggiungere obiettivi positivi, essere capaci di calmarsi quando si è arrabbiati, iniziare un’amicizia e risolvere un conflitto in maniera pacifica (Durlak, Weissberg, Dymnicki, Taylor e Schellinger 2011).
In America l’Associazione Collaborative for Academic, Social and Emotional Learning (CASEL) dell’Università dell’Illinois, si occupa della promozione del SEL nelle scuole identificando cinque competenze che questi programmi possono promuovere ed incrementare: consapevolezza di sé (abilità di riconoscere le proprie emozioni e le loro influenze sul comportamento), gestione di sé (abilità di regolare le proprie emozioni, pensieri e comportamenti), consapevolezza sociale (capacità di assumere la prospettiva ed entrare in empatica con gli altri), capacità relazionali (capacità si stabilire e mantenere relazioni sane e gratificanti), prendere decisioni responsabili (abilità di fare scelte responsabili e costruttive grazie ad un attento esame della realtà e delle possibili conseguenze).
La messa in atto di questi programmi si pone come obiettivo quello di migliorare l’atteggiamento degli studenti e credenze su sé, gli altri e la scuola per riflettersi in molte aspetti della vita dello studente, come prevenzione della violenza, bullismo, consumo di droghe e benessere mentale.
Gli studi sui programmi SEL hanno riportato ad esempio che risultati positivi nell’atteggiamento di sè e degli altri sono correlati ad una maggiore messa in atto di comportamenti prosociali, e che bassi livelli di comportamento disadattivo e disagio emotivo sono da collegare a buoni rendimenti scolastici.
Nel 2011 Durlak et al. hanno analizzano 200 programmi messi in atto nelle scuole utilizzando i programmi SEL. I risultati hanno dimostrato che i programmi SEL hanno prodotto significativi effetti positivi sull’incremento delle competenze socio-emozionali e atteggiamenti riguardanti il sé, gli altri e la scuola. È stato riscontrato negli studenti un miglioramento generale del loro comportamento, un aumento dei comportamenti prosociali, una riduzione dei comportamenti internalizzanti, migliori prestazioni accademiche e questi effetti rimangono significativi per 6 mesi dopo l’intervento. Inoltre sembrerebbe che il programma abbia successo in tutti i livelli di istruzione e background culturale.
Ora che abbiamo un po’ più chiaro quali sono gli interventi inseriti dei contesti scolastici che mirano alla prevenzione in età adolescenziale e quali sono invece quelli che mirano all’accrescimento delle competenze emotive possiamo sottolineare come sarebbe opportuno costruire un percorso di base che possa permettere inizialmente di essere educati ad un linguaggio emotivo e che solo successivamente si espanda in un lavoro di riconoscimento delle emozioni, di comprensione e di gestione di queste. Il suggerimento è quello di riuscire a rafforzare le proprie abilità emozionali attraverso un percorso graduale di alfabetizzazione emotiva che prevede la messa in atto di diverse attività teorico/pratiche basate anche sulla conoscenza dell’uso/abuso di sostanze stupefacenti, per poi procedere tramite diversi step alla realizzazione di training costruiti ad hoc per le diverse classi scolastiche che prendano in considerazione diversi fattori tra cui ad esempio l’età, lo stato sociale di riferimento, i programmi didattici svolti, le relazioni con i compagni, con altri gruppi di pari e con gli insegnanti, ect..
Una prima esperienza in tal senso, di cui si suggerisce la lettura, è stata condotta nell’ambito della Giustizia Penale Minorile e nello specifico nei programmi di Messa alla Prova (D’Amico A., Caiozzo M.V., Taibbi R., Gambino C., Miragliotta F., Salierno R.; 2015), utilizzando una versione sperimentale del metodo MetaEMOZIONI (D’Amico, 2006).
Concludendo, ritengo che riflettere sui fattori di rischio e di prevenzione in modo emotivamente intelligente e adottare dei programmi di Intelligenza Emotiva nelle diverse strutture educative presenti nel nostro territorio potrebbe divenire oggi la strada più opportuna da percorrere per la salvaguardia dei nostri ragazzi.
Bibliografia:
- Botvin, G. J., Baker, E., Botvin, E. M., Filazzola, A. D., & Millman, R. B. (1984). Alcohol abuse prevention through the development of personal and social competence: A pilot study. Journal of Studies on Alcohol, 45, 550-552.
- Durlak J. A., Weissberg R.P, Dymnicki A. B, Taylor R.D e Schellinger K (2011). “The Impact of Enhancing Students’ Social and Emotional Learning: A Meta-analysis of School-based Universal Interventions”. Child Development, 82: 405-43 2.
- Elias, M. J., Gara, M. A., Schuyler, T. F., Branden-Muller, L. R., & Sayette, M. A. (1991). The promotion of social competence: Longitudinal study of a preventive school-based program. American Journal of Orthopsychiatry, 61, 409–417. Kagan, J. & Fox, N. (2006).
- Biology, culture, and temperamental biases. In W. Damon & R. Lerner (Series Eds.), & N. Eisenberg (Vol. Ed.), Handbook of child psychology, Vol. 3. Social, emotional, and personality development (6th ed., pp. 99-166).
- New York: Wiley. Salovey, P. & Mayer, J.D. (1990).Emotional intelligence. Imagination, cognition, and personality, 9, 185-211. Zuckermarn, M. (2007). Sensation Seeking and Risky Behavior. Whashington, DC: American Pychological Association.
Sitografia:
- D’Amico A. (2016). Il metodo MetaEMOZIONI per promuovere la consapevolezza e l’intelligenza emotiva.
https://www.metaintelligenze.it/seminario-il-metodo-metaemozioni - D’Amico A., Caiozzo M.V., Taibbi R., Gambino C.,Miragliotta F., Salierno R., (2015) MetaEmozioni: un metodo per lo sviluppo della Consapevolezza e delle Abilità Emotive. Un’esperienza con ragazzi inseriti nel programma di Messa alla Prova.
Cinzia Gambino
Dott.ssa in Psicologia clinica e socia del Centro Studi MetaIntelligenze onlus
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