di Alessandra Munna
Abstract
In questo breve lavoro si desidera trattare quelle che sono le funzioni cognitive che ci permettono una normale vita quotidiana, queste funzioni sono l’attenzione e le Funzioni Esecutive (F.E.) come Memoria di Lavoro, inibizione, pianificazione e flessibilità cognitiva. Questi processi cognitivi verranno esaminati in un disturbo neuropsicologico dell’infanzia, l’ADHD. Si concluderà con una breve esposizione di alcuni trattamenti riabilitativi di matrice neuropsicologica e cognitiva comportamentale, trattamenti che rappresentano la nuova frontiera per la presa in carico di molti disturbi neuropsiclogici.
Inizieremo questa breve esposizione con il delineare i principali processi cognitivi.
L’attenzione
L’attenzione è uno dei tanti processi cognitivi che ci permette di entrare in relazione con l’ambiente esterno, possiamo considerarla una funzione psichica di base, senza attenzione, infatti, non potremmo memorizzare informazioni, manipolarle e infine restituirle, non potremmo organizzare i nostri impegni e risolvere prontamente i problemi.
È difficile dare una definizione di attenzione, questo riflette il fatto che l’attenzione non è un concetto unitario. Per spiegare questo mi servirò di qualche esempio. Immaginiamo di essere in una folla e di cercare il nostro amico, sappiamo che il nostro amico ha un maglioncino verde, inizieremo quindi a selezionare tutti i volti di soggetti che hanno un maglioncino verde e individueremo il nostro amico più velocemente (attenzione selettiva), oppure il giorno dell’esame di guida, dobbiamo guidare, stare attenti al traffico urabano e stare attenti alle istruzioni dell’esaminatore, stiamo dividendo quindi la nostra attenzione (attenzione divisa) oppure organizzare un pomeriggio di studio intensivo ci costringe a sostenere l’attenzione per periodi prolungati (attenzione sostenuta), ci saranno momenti in cui la nostra attenzione sarà focalizzata su un determinato argomento perché per esempio è quello che abbiamo deciso di portare all’esame (attenzione focalizzata).
In questo ultimo periodo di ricerca scientifica è opportuno pensare l’attenzione non come ad una funzione a se stante, ma in relazione ad altre funzioni cognitive che prendono il nome di Funzioni Esecutive. Non è facile dare una definizione di attenzione, poiché quest’ultima è una funzione multidimensionale (Fabio, 2003).
Le Funzioni Esecutive
Le F.E. sono un insieme di operazioni cognitive che ci consentono di svolgere un’attività in modo cosciente (Welsh e Pennington,1988). Sono meccanismi cognitivi che ci aiutano a migliorare le nostre prestazioni in situazioni che richiedono l’attivazione simultanea di vari processi cognitivi differenti. Permettono di prendere decisioni, di selezionare quali processi attivare al fine di mettere in atto comportamenti coerenti diretti verso uno scopo specifico. Considerando l’ampia letteratura scientifica in merito (Willcutt, Doyle, Nigg, Faraone e Pennington, 2005; Best et al., 2009) è possibile riconoscere alcuni processi fondamentali sottostanti le Funzioni Esecutive, aspetti quali:
• l’inibizione di risposte non adeguate (automatiche), può essere cognitiva e comportamentale;
• la memoria di lavoro, rappresenta la capacità di tenere a mente e manipolare le informazioni rilevanti per un periodo di tempo limitato, strettamente necessario allo svolgimento e al completamento di un compito (Huizinga, Dolan e van de Molen, 2006);
• la pianificazione riguarda quel processo cognitivo che ci permette di eseguire comportamenti finalizzati ad un obiettivo seguendo tappe ben ordinate e precise, questa funzione infatti è una componente di base del nostro vivere quotidiano, viene impiegata in azioni relativamente semplici come preparare un caffè ad azioni più complesse e protratte nel tempo come prepararsi ad un pomeriggio di intenso studio;
• la flessibilità cognitiva capacità di adattarsi a nuove situazioni di apprendimento e di muoversi abilmente tra vari stati mentali.
Queste funzioni cognitive sono state valutate attraverso l’uso di test in bambini con ADHD, la ricerca ha confermato che i bambini con tale disturbo presentano deficit nei processi cognitivi superiori.
Cos’è l’ADHD
Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI, acronimo italiano e ADHD acronimo inglese) è un disordine dello sviluppo neuropsicologico dei bambini e degli adolescenti; in questi ultimi anni è stato riscontrato anche negli adulti con una rilevanza del 4% (Kessler et al, 2006), è caratterizzato da disfunzioni legati l’area cognitiva (disattenzione), l’area comportamentale (impulsività) e l’aria motoria (iperattività).
I criteri diagnostici del DSM-IV prevedono tre sottotipi, ADHD-I (ADHD con Disattenzione), ADHDH (ADHD con Iperattività/Impulsività) e ADHD-C (ADHD Combinato). Un’attenta valutazione diagnostica è essenziale per un futuro intervento psicologico, nonostante ciò, risulta comunque difficile avvalersi di un unico strumento diagnostico, sia perché non esiste sia perché i processi cognitivi e comportamentali coinvolti sono davvero molti.
Alcuni esempi di test e strumenti da utilizzare sono:
Interviste, scale e questionari
Ne sono un esempio la l’ADHD Parent Interview di Barkley (1990, 1998) Home Situations Questionnaire (HSQ), Conners Parent Sympton Questionnaire (QSP). Nel manuale di Kirby e Grimley, “Disturbi dell’attenzione e iperattività. Guida per psicologi ed insegnanti”, (1989) viene presentata un’intervista pensata principalmente per i genitori.
Test neuropsicologici
I test neuropsicologici valutano le Funzioni Esecutive, tra i più importanti ricordiamo:
Il test di Stroop è utilizzato per misurare l’inibizione.
Il Test delle campanelle di Biancardi e Stoppa (1997) è rivolto ai bambini dai 4 agli 8 anni e valuta i livelli di attenzione.
La Torre di Londra indaga le abilità di pianificazione delle azioni.
Il Wisconsin card sorting test valuta la flessibilità cognitiva.
Dalle valutazioni emerge un deficit delle Funzioni Esecutive e un deficit attenzionale. I bambini con ADHD per esempio non riescono a inibire risposte cognitive, emotive e motorie inappropriate (Passolunghi, Marzocchi e Fiorillo, 2005), questo interferisce con altre funzioni come per esempio la memoria di lavoro (Westerberg, Hirvikoski, Forssberg e Klingberg, 2004; Kuntsi, Oosterlaan, Stevenson, 2001; Rapport et al., 2008) e l’attenzione interferendo con la capacità di selezionare le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti , così come la pianificazione ne sarà compromessa poiché le tappe da seguire per il raggiungimento di un obiettivo potrebbero essere intervallate da sotto-obiettivi superflui (Renzetti, Fornaio, Pezzani, 2010), inoltre presentano uno stile rigido di pensiero e ragionamento anche la flessibilità cognitiva sembra essere compromessa (Scheres et al., 2004; Sergeant et al., 2002).
Cosa fare allora con questi bambini? Quale possibilità hanno affinché le loro carenze cognitive non interferiscano con il normale svolgimento della loro vita quotidiana e scolastica?
Una proposta molto interessante e innovativa riguarda la riabilitazione neuropsicologica attraverso l’uso di training cognitivi e software capaci di modulare le funzioni cognitive carenti nell’ADHD.
La riabilitazione neuropsicologica nell’ADHD
È ormai chiaro che le funzioni cognitive consentono all’uomo di comprendere e manipolare l’ambiente in cui vive. La neuropsicologia clinica studia le basi neurali dei processi cognitivi è può essere condotta sia attraverso l’analisi del comportamento alterato del soggetto sia attraverso la Neuroimaging, cioè l’osservazione dell’attività cerebrale in vivo.
Nei bambini il sistema cognitivo è ancora in fase di sviluppo per questo motivo si parla di disturbi evolutivi inoltre nei bambini è più facile potenziare quelle capacità che risultano deficitarie attraverso training cognitivi o riabilitazione neuropsicologica.
Alla base di una qualsiasi riabilitazione c’è il concetto di plasticità neuronale o cerebrale in senso più ampio.
Lo scopo della riabilitazione non è quello di migliorare la capacità della persona di apprendere e generalizzare nuove strategie per risolvere i problemi quotidiani in un contesto reale, modificando strategie disfunzionali e fornendo abilità compensative. Sono due i modi per poter intraprendere un progetto riabilitativo o utilizzare tecniche comportamentali oppure training cognitivi.
Le tecniche comportamentali sono fondate sull’idea che è necessario individuare il comportamento bersaglio in modo da riuscire a misurarlo e registrarlo per poi potenziarlo con programmi specifici.
L’uso di tecniche comportamentali avviene di solito in contesti domestici, questo permette al soggetto di adeguare i comportamenti appresi alle esigenze quotidiane, ma anche per queste tecniche la possibilità di operare un trasferimento degli apprendimenti a situazioni simili è comunque scarsa.
Un’altra tecnica che viene utilizzata nella riabilitazione riguarda l’uso di training cognitivi che hanno lo scopo di potenziare le capacità del soggetto insieme ad un insegnamento di strategie.
Training cognitivi per l’attenzione
Tra i training italiani per il potenziamento dell’attenzione (da utilizzare con bambini) si ricorda il software “Attenzione e Concentrazione” (Di Nuovo, 2000). Questo programma è stato utilizzato dalla dott.ssa Mogentale (Studio presentato alla III edizione delle Giornate di Neuropsicologia, Bressanone 16-19 Gennaio 2008); obiettivi dello studio sono stati quelli di indagare se l’utilizzo di un training per l’attenzione possa evidenziare dei benefici in bambini con ADHD, rilevare quali aspetti dell’attenzione beneficino del training e monitorare la qualità dell’intervento nel tempo, inoltre si è voluto indagare se i benefici ottenuti possono essere generalizzati ad altri test neuropsicologici e se si possono registrare anche dei miglioramenti a livello comportamentale.
Lo studio in questione ha evidenziato un accrescimento delle capacità attentive dei bambini con ADHD, questo rappresenta, per la ricerca sulla riabilitazione neuropsicologica dell’ADHD ottimi esiti, poiché gli effetti della riabilitazione cognitiva si conservano nel tempo, con costanti trattamenti si può mantenere nei bambini buoni livelli di attenzione.
Trainig cognitivi per la Memoria di Lavoro
Il programma più utilizzato nella riabilitazione cognitiva della memoria di lavoro è il Cogmed (Klingberg, 2010). Attraverso alcuni studi è stato reso evidente il miglioramento di altri domini cognitivi quali l’inibizione della risposta, il pensiero complesso e la WM verbale. (Klingberg et al., 2005; Westerberg et al., 2007).
Cogmed si compone di varie attività progettate in un formato video gioco che riesce a intrattenere i bambini e gli adolescenti. Il training viene effettuato a casa e/o a scuola tramite PC senza bisogno di recarsi nello studio del professionista.
Il software è stato testato scientificamente e regola il livello di difficoltà per ciascun esercizio, per garantire un allenamento sempre al massimo delle proprie possibilità.
Training per la pianificazione e la flessibilità cognitiva
Le difficoltà che sono state riscontrate nei soggetti con ADHD riguardano anche le loro capacità di pianificazione e organizzazione di un comportamento orientato ad uno scopo. A questo proposito un programma che ha come obiettivo quello di potenziare queste capacità cognitive è il Goal Management Training (GMT) (Levine et al., 2000).
Il GMT si è basato sulla teoria secondo la quale ogni attività richiede un elenco di obiettivi o richieste del compito che sono utilizzate per creare una struttura complessa di azioni od operazioni mentali.
Lo scopo del GMT è proprio quello di permettere la coerenza dei comportamenti messi in atto, attraverso il controllo dell’attivazione e dell’inibizione di azioni che possono promuovere o interferire azioni orientati allo scopo iniziale.
Conclusioni
Lo scopo di questa breve trattazione è stato quello di delineare i principali processi cognitivi e i relativi deficit nell’ADHD. Attraverso le ultime ricerche si sono evidenziati sostanziali deficit nell’attenzione sostenuta e selettiva, deficit a carico dell’inibizione comportamentale, cognitiva e motivazionale e deficit nelle principali funzioni esecutive, come la memoria di lavoro visuo-spaziale, la pianificazione e la flessibilità cognitiva.
Si è rivelato necessario non basare la diagnosi di ADHD unicamente sull’esame di scale comportamentali e check list, ma di utilizzare i principali test neuropsicologici per misurare la qualità dei processi cognitivi. Sebbene la componente comportamentale (impulsività/iperattività) risulta ancora importante, l’analisi della componente cognitiva si è dimostrata altamente discriminante, poiché la misurazione delle funzioni cognitive di base quali l’attenzione, la memoria, l’inibizione, meno influenzate da fattori di apprendimento, fattori educativi e culturali, permettono agli psicologi di giungere ad una diagnosi differenziale dell’ADHD più chiara.
Recenti ricerche condotte con soggetti ADHD hanno mostrato l’efficacia dell’utilizzo di programmi computerizzati per potenziare l’attenzione e la memoria di lavoro e avere incrementi positivi anche nelle capacità di inibizione, programmazione e organizzazione di un comportamento.
In questa prospettiva negare l’avvio di procedure diagnostiche mirate che consentano una corretta diagnosi del Disturbo di Disattenzione e Iperattività sarebbe come negare a quei bambini e alle famiglia la possibilità di comprendere la situazione del proprio figlio e negare la possibilità di una presa in carico tempestiva del disturbo.
Il contributo di MetaINTELLIGENZE
Questa breve esposizione vuole chiarire non solo le problematiche dei bambini con ADHD, ma chiarire anche le capacità che un bambino con tale diagnosi può avere.
MetaINTELLIGENZE può rappresentare una grande risorsa posizionandosi come Zona di Sviluppo Prossimale; si propone infatti di integrare le varie potenzialità di questi bambini e di dare metodo, sicurezza e fiducia delle proprie risorse.
Non solo i training cognitivi, ma anche un rapporto di sostegno può aiutare questi bambini nelle difficili o semplici attività scolastiche, quotidiane e relazionali.
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Alessandra Munna
Dott.ssa in Scienze e Tecniche della Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione
Il lavoro è tratto dalla Tesi di Laurea in Scienze e Tecniche della Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione, dal titolo “Le funzioni attentive e la riabilitazione neuropsicologica”
Università degli Studi di Palermo | A.A. 2010-2011 | Relatore: Dott.ssa Antonella D’Amico
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