
di Vittoria Cedro
Abstract
In anni recenti vi è stata una crescente attenzione nei confronti della Memoria di Lavoro, e un elevato numero di studi ha mostrato il suo ruolo cruciale nella vita quotidiana. Ogni giorno attività cognitive come la lettura di un articolo di giornale, il calcolare una quantità di mancia appropriata da lasciare al ristorante o il riordino mentale dei mobili di una stanza per creare spazio ad nuovo divano spesso implicano passaggi molteplici, con elementi intermedi che devono essere tenuti a mente contemporaneamente per realizzare un compito con successo.
La Memoria di Lavoro è stata descritta da diversi modelli psicologici, ma l’eterogeneità delle funzioni in cui essa è coinvolta ha deteminato qualche difficoltà nel fornire una definizione unanimemente condivisa. Il modello di MdL di Baddeley è il più famoso e ampiamente condiviso, il suo pregio è stato quello di aver fornito la prima interpretazione sistematica della memoria, in termini sia di strutture sia di processi, e la suddivisione concettuale fra le diverse tipologie dei magazzini è tutt’ora valida.
Cos’è la Memoria di Lavoro
La definizione operativa di Memoria di Lavoro (d’ora in poi MdL) è abbastanza chiara e condivisa, essa concerne il numero di elementi che possono essere richiamati durante un compito di memoria complesso, ovvero caratterizzati dal simultaneo processo di immagazzinamento ed elaborazione delle informazioni finalizzato al mantenimento delle stesse in uno stato attivo per il loro successivo richiamo e manipolazione (Daneman & Carpenter, 1980).
La definizione concettuale di MdL invece è più complessa e non vi è un accordo generale. A tal proposito può essere utile pensare a come i diversi aspetti e componenti della MdL influenzano il modo in cui viene gestita accessibilità delle informazioni, e le differenze individuali nelle funzioni di memoria derivano da ciascuno di essi o dalla loro interazione legando il concetto di MdL ai compiti che vengono utilizzati per misurarla.
Secondo Miyake e Shah (1999), nonostante la familiarità del termine non è facile capire cosa sia veramente la MdL. Prima di tutto, non vi è sempre una netta distinzione tra le teorizzazioni sulla Memoria di Lavoro ed il concetto, ancora prevalente, di Memoria a Breve Termine (MBT) (Brainerd & Kingma, 1985; Engle, Tuholski, Laughlin, e Conway, 1999; Klapp, Marshburn, e Lester, 1983). I libri di testo, in particolare, spesso si contraddicono l’un l’altro e sono talvolta anche internamente incoerenti nella loro disamina sulla distinzione tra MBT e MdL.
Il concetto di MdL è di fatto intrinsecamente legato a quello di MBT, anche se spesso è erroneamente utilizzato come sinonimo. Quando si fa riferimento alla MBT (detta anche memoria primaria o attiva) si intende quella parte di memoria che permette di conservare informazioni con una capacità ed un tempo di ritenzione ridotti, ovvero una struttura di semplice archiviazione passiva delle informazioni, dominio specifica (verbale o visuo-spaziale) e in cui sono assenti le funzioni di controllo; viceversa la MdL immagazzina e processa le informazioni, è dominio generale ed ha relazioni più strette con apprendimento e processi cognitivi, inoltre ha funzioni esecutive e si collega alle strutture della Memoria a Lungo Termine (MLT); in tal senso, la MBT può essere definita come una componente della MdL.
Per rendere le cose ancora più complicate la letteratura sulla MdL è piena di rivendicazioni apparentemente contraddittorie, ad esempio alcuni articoli sottolineano la natura unitaria della MdL (es., Engle, Cantor, e Carullo, 1992) mentre altri si concentrano sulla molteplicità dei settori di competenza, sostenendone un punto di vista dominio specifico (es., Daneman & Tardif, 1987). Ad alimentare il caos contribuiscono anche un certo numero di metafore diverse tra cui la metafora della “scatola”, del “luogo”, dello “spazio di lavoro”, della “lavagna” e molte altre ancora, tutte usate per riferirsi alla MdL e per evidenziarne le sue peculiari caratteristiche.
Esistono, dunque, una varietà di modelli e teorie che rispecchiano le differenti prospettive sulla natura, struttura e funzioni della MdL (es., Anderson, Reder, e Lebiere, 1996; Baddeley, 1986; Barnard, 1985; Cowan, 1988; Ericsson & Kintsch, 1995; Just & Carpenter, 1992; Schneider & Detweiler, 1987), ed i tentativi per capire quali siano le sue caratteristiche e come sia organizzata qualche volta lasciano ancora più confusi di prima.
I diversi modelli di MdL sembrano in qualche caso non avere dei punti in comune tra loro, collocando questo concetto tra i più caldi e controversi della letteratura congnitiva. In realtà, le diverse definizioni concettuali di MdL sembrano tutte convergere sul fatto che essa si configuri come uno spazio dinamico tra la memoria a lungo termine e la memoria a breve termine: il sistema cognitivo invia le informazione all’interno dei vari registri inclusi nella MdL che le utilizza, in sinergia con le informazioni immagazzinate nella memoria a lungo termine, per prendere decisioni su come rispondere.
Memoria di Lavoro: Il modello di Baddeley e Hitch
Nel 1960 ci fu un breve periodo di consenso tra i ricercatori al riguardo del fatto che la memoria umana potesse consistere in una struttura composta da due principali componenti:
• un magazzino a breve termine in grado di contenere piccole quantità di informazioni per alcuni secondi;
• un magazzino a lungo termine contenente grandi quantità di informazioni che, alimentate dalla memoria a breve termine e su intervalli di tempo più lunghi, attraverso un processo di ripetizione entrano nella memoria a lungo termine anche se con una certa perdita di informazioni nel passaggio da una memoria all’altra.
Questo modello, meglio conosciuto come modello modale o multi-magazzino (Atkinson e Shiffrin, 1968), prevede la distinzione di tre magazzini:
• un registro sensoriale, la cui funzione è quella di trattenere l’informazione percettiva per un tempo brevissimo dopo la sua scomparsa e di permettere eventuali elaborazioni successive;
• un magazzino a breve termine, a capacità limitata, nel quale l’informazione è trattenuta per un tempo molto breve (pochi secondi), a meno che non venga reiterata, con la funzione di trattenere questa in uno stato di accessibilità;
• un magazzino a lungo termine, che genericamente si assume come luogo dove la conoscenza si organizza in modo permanente.
Il modello modale sottolinea la presenza di stadi della memoria distinti e differenti, organizzati in sequenza. Un’informazione deve passare necessariamente dalla memoria sensoriale a quella a breve termine, e soltanto dopo può essere immagazzinata nella memoria a lungo termine. Esso si presenta di facile comprensione ma non spiega compiutamente il complesso meccanismo della memoria ma, nonostante i suoi limiti, è da considerarsi come il prototipo di una concezione della memoria vista come funzione mentale attiva e non come semplice magazzino di stimoli.
Baddeley e Hitch (1974) sviluppano un modello di memoria alternativo denominato Working Memory (WM) o MdL. Secondo gli autori le informazioni non seguono necessariamente e rigidamente i passaggi proposti nel modello modale, e la memoria a breve termine, al contrario di quanto asserito da Atkinson e Shiffrin, non è un magazzino così limitato e incapace di eseguire più di un’azione contemporaneamente.
Nel loro modello, il più ampiamente accettato, la MdL è un sistema multi-componente il cui compito è quello di integrare tra loro le varie informazioni, inoltre sembra essere implicato in un’ampia varietà di compiti cognitivi complessi, ad esempio il ragionamento e la reading comprehension (Baddeley, 1986; Baddeley, 2003; Baddeley & Hitch, 1974), svolgendo un ruolo basilare in compiti di lettura e calcolo così da essere stata collegata al rendimento scolastico (ad es., Gathercole, Brown, & Pickering, 2003; Gathercole & Pickering, 2000, Gathercole, Pickering, Knight, & Stegmann, 2004).
Il modello di MdL prevede:
• l’Esecutivo Centrale (Central Executive), un sistema attenzionale che supervisiona due sistemi ausiliari (servo-sistemi o slave system);
• il Ciclo Fonologico (Articulatory Loop), servo-sistema che mantiene per breve tempo le informazioni uditive e verbali;
• il Taccuino Visuo-Spaziale (Visuo-Spatial Sketch Pad), servo-sistema impegnato nella rappresentazione dello spazio.
Successivamente Baddeley (2000) aggiunge un ulteriore sistema chiamato Buffer Episodico (Episodic Buffer), che gestisce e coordina la memorizzazione e l’integrazione delle informazioni che provengono dai due sotto-sistemi con quelle della memoria a lungo termine (MLT).
Central Executive
L’Esecutivo Centrale (Central Executive), il componente più importante ma meno compreso del modello di MdL, è deputato alla selezione di strategie, alla presa di decisioni e all’integrazione di informazioni provenienti da diverse fonti. Baddeley (1986, 1990, 1996) lo considera più come un sistema attentivo che come un magazzino di memoria, equiparandolo al modello di Norman e Shallice (1986): il Sistema Attentivo Supervisore (SAS).
L’Esecutivo Centrale è un sistema flessibile responsabile del controllo e della regolazione dei processi cognitivi; si pensa che includa diversi sotto-processi come l’attivazione temporanea di MLT (Baddeley, 1998), il coordinamento di più attività (Baddeley, Della Sala, Papagno e Spinnler, 1997), l’alternanza tra i compiti comprese le strategie di recupero (Baddeley, 1996) e l’attenzione selettiva e di inibizione (Baddeley, Emsile, Kolodny, e Duncan, 1998).
È un sistema dominio generale e di capacità limitata, ritenuto responsabile del controllo e della regolazione di processi cognitivi compreso il controllo del flusso di informazioni all’interno della MdL, il recupero di conoscenze a lungo termine e il completamento di più attività simultanee (ad es. Baddeley, 1986, 1996a; Baddeley, Emslie, Kolodny, e Duncan, 1998; Baddeley & Hitch, 1974), ma essendo una componente della MBT la sua capacità è limitata e potenzialmente suscettibile al sovraccarico determinato da compiti che richiedono un carico attentivo oneroso (Baddeley, 2003).
Articulatory Loop
Il Circuito Fonologico (Articulatory Loop) è la componente del sistema di MdL che Baddeley spiega meglio. Si tratta di un magazzino a capacità limitata per il mantenimento delle informazioni di natura verbale (Baddeley, 1986). Esso si organizza in due sotto-componenti:
• un magazzino fonologico a breve termine che ha il compito di mantenere l’informazione linguistica ;
• un processo attivo di ripetizione sub-vocalica (ripasso articolatorio o reharsal) che permette di mantenere viva la traccia mnestica attraverso un ripasso silente dell’informazione, che impedisce la decomposizione di tali informazioni.
Le tracce mnestiche permangono nel magazzino fonologico per circa un secondo e mezzo o due, ed il numero di item che possono essere registrati dipende dal tempo necessario per articolarli (Baddeley, 1986); le informazioni
verbali possono però essere mantenute più a lungo all’interno del magazzino grazie al processo di rehearsal di tipo articolatorio; tuttavia oltre questo limite di tempo, se il ripasso viene sospeso, le informazioni non possono più essere recuperate (Baddeley, 2003).
Questo vuol dire che il mantenimento di un’informazione verbale oltre i due secondi è da attribuirsi proprio al meccanismo di reharsal che, ripetendo l’informazione, la mantiene attiva. Il circuito fonologico sembra essere una componente fondamentale del modello di MdL. Numerosi studi ne hanno dimostrato la relazione con le altre funzioni cognitive e i processi di apprendimento, soprattutto quelli che interessano l’acquisizione del linguaggio.
Visual-Spatial Sketch Pad
Il Visual-Spatial Sketch Pad (Taccuino Visuo-Spaziale) è deputato ad integrare le informazioni spaziali, visive e presumibilmente anche cinestesiche per la conservazione a breve termine. Il modello di MdL di Baddeley ed Hitch (1974), nonostante riconosca l’esistenza di soli due sottosistemi dominio-specifici, non esclude la possibilità che vi siano altri sottosistemi in grado di elaborare informazioni di natura diversa, ad esempio tattile, cinestesica od olfattiva. (Baddeley, 2003).
Nella letteratura sulla MdL esso è stato in origine indicato come Visual-Spatial Sketch Pad, poi mutato in Visuo-Spatial Scratch Pad. Il termine è stato modificato per trasmettere una maggiore impressione riguardo al fatto che il sistema si occupi di tutto il materiale visuo-spaziale piuttosto che della sola qualità pittorica delle informazioni (Baddeley, 1986). In realtà, i due nomi vengono utilizzati in maniera intercambiabile o, per evitare l’ambiguità, viene adoperata l’acronimo VSSP o VSWM (Visual-Spatial Working Memory).
Originariamente considerato come un unico magazzino, vari autori (es. Chambers e Reisberg, 1992) si sono spinti fino a considerare una similarità di tipo strutturale fra i due servosistemi, descrivendo il VSSP come un sistema a capacità limitata per il mantenimento e l’elaborazione di materiale visuo-spaziale e individuando anche in esso un magazzino di conservazione passivo degli stimoli e un processo attivo con un suo “rehearsal visuo-spaziale” che Logie chiama inner scribe (scrivano interno). Anche il Taccuino Visuo-Spaziale, dunque, è stato recentemente suddiviso in due sotto-componenti, una visiva e una spaziale:
la componente visiva: un magazzino passivo e temporaneo delle informazioni che immagazzina informazioni visive statiche come la forma o il colore di un oggetto;
la componente spaziale: un sistema attivo di reiterazione spaziale per il mantenimento in memoria di posizioni e movimenti, queste infatti necessitano di un ripasso continuo per aggiornare di volta in volta le informazioni dinamiche (Baddeley e Logie, 1999; Baddeley, 2006).
Nonostante non vi siano dubbi sul fatto che tra la struttura del Taccuino Visuo-Spaziale e quella del Circuito Fonologico esista una parallelo, diversamente da quest’ultima essa appare alquanto difficile da indagare, ciò in parte è dovuto alla sua maggiore complessità. Sembra plausibile, per esempio, che le informazioni visive e spaziali siano gestite da componenti separate ma che interagiscano fortemente all’interno del sistema.
È stato trovato che il VSSP svolge un ruolo importante anche durante le attività relative alla lettura, ad esempio per la rappresentazione della pagina, durante il monitoraggio visivo del testo (Baddeley, 2003) o per la comprensione di elementi grammaticali facenti riferimento a concetti spaziali (ad es.: sopra, sotto, dentro, dietro).
Episodic Buffer
Il Buffer Episodico (Episodic Buffer), originariamente pensato come una componente dell’esecutivo centrale, è stato aggiunto in un secondo momento al modello di MdL (Baddeley, 2003), rappresentando il terzo sotto-sistema e quarto componente di MdL anch’esso a capacità limitata. Esso è deputato a trattenere le informazioni dei diversi sistemi di memoria per collegarle in un unico codice “multi-modale” (Baddeley, 2003), differenziandolo dall’Esecutivo Centrale il cui compito è elaborarle.
Inoltre, sembra esserci un’analogia tra il Buffer Episodico ed il SAS (Norman e Shallice, 1986) poiché questo si presenta come sistema di “filtraggio” delle informazioni oltre a fornire attenzione e controllo supplementari, ponendosi come interfaccia temporanea tra i sotto-sistemi specifici per modalità (Baddeley, 2007); dunque uno servo-sistema che setaccia le informazioni dei diversi domini visivo, spaziale e verbale per combinarle in un’unica rappresentazione episodica (Baddeley, 2000).
Secondo Baddeley si differenzia dalla memoria episodica a lungo termine poiché, nonostante la sua natura temporanea, può accedere alle informazioni della MLT sia per l’apprendimento che per il recupero, in modo da costruire rappresentazioni integrate sulle nuove informazioni, e ciò lo porta ad ipotizzare che esso possa essere il fondamento della consapevolezza e dell’esperienza cosciente.
L’introduzione di questo servo-sistema che concentra l’attenzione sui processi di integrazione delle informazioni, piuttosto che sull’isolamento dei sotto-sistemi, fornisce una base più robusta per affrontare gli aspetti più complessi del controllo esecutivo nella MdL, avvicinando il modello di Baddeley ad altri modelli di MdL (Miyake e Shah, 1999).
Conclusioni
La MdL è trasversale a funzioni cognitive importanti come il linguaggio, il ragionamento, la risoluzione di problemi complessi e/o la valutazione dei potenziali esiti delle azioni prima ancora che queste vengano eseguite, nonché la correzione delle stesse sulla base di tale previsione (Baddeley, 1992), dunque il suo ruolo è essenziale all’interno della cognizione complessa tanto da essere considerata un costrutto centrale della psicologia cognitiva e, più recentemente, delle neuroscienze cognitive. Alcuni autori hanno etichettato questo costrutto «Il fulcro della cognizione» (Haberlandt, 1997) e come «forse il risultato più significativo dell’evoluzione mentale umana» (Goldman-Rakic, 1992).
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Vittoria Cedro è dott.ssa in Psicologia Clinica dell’Arco di Vita. Il lavoro è tratto dalla Tesi di Laurea in Psicologia Clinica dell’Arco di Vita, dal titolo “Prima standardizzazione della PML (Prove di Memoria di Lavoro) per la scuola secondaria di primo grado”
Università degli Studi di Palermo | A.A. 2012-2013 | Relatore: Dott.ssa Antonella D’Amico
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