“Diagnosticare” e promuovere il benessere soggettivo e psicologico
Felicità, flusso, significato, amore, gratitudine, realizzazione, crescita, rapporti migliori costituiscono il flourishing dell’uomo, il suo fiorire.
Apprendere che si possono avere più cose come queste è un’esperienza che cambia la vita.
Intravedere un futuro florido per l’umanità è un’esperienza che cambia la vita.
Martin E. P. Seligman
La salute mentale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è uno stato di benessere in cui l’individuo realizza le proprie capacità, può gestire adeguatamente le normali situazioni di stress della vita, può lavorare produttivamente ed è in grado di contribuire attivamente alla propria comunità (OMS, 2004, p.12).
Secondo quest’ottica la salute mentale non viene considerata come assenza di malattia ma viene identificata con la presenza di fattori positivi di funzionamento. La mancanza di disturbo, infatti, può essere aspetto necessario ma non sufficiente per garantire la salute mentale. Salute e malattia mentale risulterebbero, quindi, correlate ma non andrebbero considerate come opposti dello stesso continuum.
In psicologia e psichiatria “lo sforzo di riparare i danni e di curare le ferite non sembrano essere sempre stati gli atteggiamenti ed i provvedimenti migliori forse perché l’intervento su ciò che non funziona non necessariamente corrisponde alla promozione di un funzionamento ottimale, così come la mancanza di malessere non necessariamente coincide con la presenza del benessere” (Steca, 2005, p. 21).
Già tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso C. Rogers definì il benessere come funzionamento ottimale e Antonovsky considerava il benessere come presenza globale di capacità positive e di funzionamento a livello emotivo, cognitivo e comportamentale (Antonovsky, 1979).
Nei primi anni del duemila si iniziò a promuovere una visione ampia della “salute mentale che valorizzasse le potenzialità, la motivazione, le capacità individuali, senza negare o trascurare la patologia e la disfunzionalità né negare la sofferenza delle persone, famiglie e comunità” (Seligman e Csikszentmihalyi, 2000).
Alcuni esponenti della psicologia positiva iniziarono a proporre la necessità di “diagnosticare” non solo i disturbi mentali ma anche il flourishing in quanto configurazione di benessere soggettivo e psico-sociale.
Cosa si intende per Flourishing?
La traduzione letterale di flourish è fiorire, ossia “vivere un ventaglio di possibilità di funzionamento che connota virtù, produttività, crescita e resilienza” (Keyes, Shmotkin e Ryff, 2002). Il flourishing (prosperità) può essere definito come funzionamento ottimale e descrive, quindi, soddisfazione, affettività positiva e slancio vitale. Dall’altro lato del continuum possiamo trovare, invece, il suo opposto definito languishing (stagnazione), ossia uno stato di disordine che non giunge alla gravità della psicopatologia, ma che genera una sensazione di vuoto o di svuotamento.
Il languishing si manifesta con alti livelli di sofferenza e sottrazione di energie mentali che limitano le attività quotidiane. La salute mentale rappresenta, quindi, una “sindrome di sintomi di benessere” ovvero di affettività e funzioni positive (keyes, 2003).
Per favorire il benessere, psicologi e psicoterapeuti non dovrebbero, quindi, valutare e intervenire solo sui deficit, sulle disfunzioni o sulla psicopatologia, ma dovrebbero anche misurare e costruire il funzionamento ottimale dell’uomo (Seligman, 2012) attraverso una prospettiva edonica ed eudaimonica.
Edonica in quanto dimensione del piacere personale legato a sensazioni ed emozioni positive (Kahneman, Diener, & Schwarz, 1999); eudaimonica come sviluppo e realizzazione delle potenzialità individuali (Ryan & Deci, 2001) e come percorso di sviluppo verso l’integrazione con il mondo circostante (Nussbaum & Sen, 1993).
In altri termini l’obiettivo degli specialisti della salute mentale, che intendono promuovere il benessere, dovrebbe mirare ad aumentare la quantità di flourishing nella vita del singolo, “enfatizzando risorse e potenzialità dell’individuo anziché carenze, deficit e patologie, privilegiare la promozione della salute anziché la cura e adottare un approccio bio-psico-sociale anziché bio-medico” (Seligman e Csikszentmihalyi, 2000).
La promozione della salute mentale, oltre alla diagnosi condotta secondo i criteri del DSM o ICD, necessita della misurazione del benessere soggettivo, psicologico e sociale. Veenhoven considera il benessere soggettivo, edonico, in quanto soddisfazione di vita (componente cognitiva) e di bilanci tra emozioni positive e negative (componente emotiva) (Veenhoven, 1984).
Ryff, attraverso la prospettiva eudaimonica, ha concettualizzato il benessere psicologico in quanto autorealizzazione, costruzione di significati, e condivisione degli obiettivi in 6 componenti positive: auto-accettazione, relazioni sociali positive, crescita personale, propositi di vita, padronanza dell’ambiante e autonomia (Ryff e Keyes, 1995).
Keyes, sempre in ottica eudaimonica, considera la salute mentale come la consapevolezza di far parte di un contesto relazionale e individua 5 componenti del benessere sociale: coerenza sociale, attualizzazione sociale, integrazione sociale, accettazione sociale e contributo sociale (Keyes, 1998).
“Diagnosticare” quanto stiamo/siamo bene cioè misurare il flourishing, in quanto costrutto costituito da 13 dimensioni, significa quindi valutare il livello integrato delle 3 forme di benessere, attraverso questionari e test standardizzati.
A tal proposito Keyes propone come buoni livelli di flourishing persone che presentano:
- Almeno uno tra i seguenti fattori: emozioni positive, qualità della vita.
- Almeno sei tra i seguenti fattori: auto-accettazione, relazioni sociali positive, crescita personale, propositi di vita, padronanza dell’ambiante e autonomia, coerenza sociale, attualizzazione sociale, integrazione sociale, accettazione sociale e contributo sociale.
Risulta necessario, quindi, promuovere il benessere nei vari ambiti possibili da quello educativo e scolastico a quello psicoterapico o riabilitativo, progettando interventi basati sullo sviluppo dei punti di forza, dei valori, delle abilità e competenze (cognitive, sociali, emotive), del sistema di credenze (stile esplicativo e teorie implicite) e di altri aspetti che favoriscono il funzionamento ottimale di una persona.
In tutto l’arco di vita, dall’infanzia alla terza età, è possibile progettare percorsi di potenziamento e ri-attivazione delle risorse personali per affrontare e gestire in modo duttile, ottimistico e positivo le sfide che ci “offre” la vita.
BIBLIOGRAFIA
Antonovsky A. (1979). Health, stress, and coping, San Francisco, CA, Jossey-Bass.
Kahneman, D., Diener, E., & Schwarz, N. (eds.) (1999). Well-being: the foundations of hedonic psychology. New York: Russel Sage Foundation.
Keyes, C.L.M. (1998). Social well-being. Social Psychology Quarterly, 61 (2), 121-140.
Keyes, C.L.M., Shmotkin, D. e Ryff, C.D. (2002).Optimizing well-being: The empirical encounter of two tradition. Journal of personality and social psychology, 82 (6), 1007-1022
Keyes, C.L.M. (2003). Complete mental heath: An agenda for the 21st century. In C.L.M. Keyes e J Haidt (a cura di), Flourishing: Positive psychology and the life well-lived, Washington, DC American Psychological Association, pp. 293-312
Nussbaum, M. & Sen, A. (Eds). (1993). The quality of life (pp. 242-269). Helsinki: United Nation University and WIDER.
OMS – Organizzazione mondiale della sanità (2004). Promoting mental health: concepts emerging evidence, practice (Summary report), Geneva, OMS.
Ryan, R.M., & Deci, E.L. (2001). On happiness and human potentials: a review of research on hedonic and eudaimonic well-being. Annual Review of Psychology, 52, 141-166.
Ryff, C.D. e Keyes, C.L.M. (1995). The structure of psychological well-being revisited. Journal of Personality and Social Psychology, 69, 719-727.
Seligman, M.E.P. (2012). Fai fiorire la tua vita. Torino: Anteprima.
Seligman M.E.P. e Csikszentmihalyi M. (2000). Positive psychology, American Psychologist , vol. 55, pp. 5-14.
Steca P. (2005). Il potenziamento delle risorse. Psicologia Contemporanea, 190, 19-25.
Veehnoven, R. (1984). Conditions of happiness, Dordrecht, D. Reidel.
Marco dice
È il presupposto di partenza che è errato. Si parte sempre dell’individuo come, presunto, focus dell’azione. Ma è la collettività e le organizzazioni che essa si da, stati, nazioni, regni, imperi, ad essere fonte di gravi patologie. Sono strutture militari, nate per la guerra, funzionanti su base di violenza nei rapporti, il potere, e coartazione di tutti i sentimenti tipicamente umani.